L’uccisione di Bruno Neri e Vittorio Bellenghi

Il tragico episodio di Gamogna, nel quale persero la vita Vittorio Bellenghi e Bruno Neri, fu un incontro-scontro occasionale e fortuito.

Il Battaglione Ravenna a Gamogna

Il Battaglione “Ravenna” partì la domenica 9 luglio 1944 con una quarantina di uomini, da Casale di Modigliana, alla presenza del parroco partigiano don Angelo Savelli.
La formazione partigiana si mise in movimento lungo il sentiero del crinale, diretta al monte Lavane . Qui era previsto un aviolancio di materiali bellici.

Il gruppo in serata passò dal Torretto e l’indomani puntò su Gamogna. La strada carrabile che collega Marradi a San Benedetto era presidiata da ingenti forze tedesche. Vittorio Bellenghi e Bruno Neri, rispettivamente comandante e vice-comandante della formazione partigiana, decisero di andare da soli in avanscoperta a perlustrare la zona nel primo pomeriggio.

I due erano armati di mitra e arrivarono alla cima del dosso che sovrasta il cimitero, nei pressi di una fonte e dell’eremo di Gamogna. In un tratto scoperto all’improvviso, passato il cimitero, si accorsero che alla loro sinistra tre soldati tedeschi stavano salendo un sentiero.

Eremo di Gamogna
Eremo di Gamogna

La morte di Bruno Neri e Vittorio Bellenghi

Un giovane testimone, nascosto tra gli alberi, raccontò poi che i due partigiani si fermarono all’improvviso. Quindi, imbracciarono le armi e imposero ai tedeschi di allontanarsi. Ma questi, fatti pochi passi indietro, si gettarono dietro un terrapieno e iniziarono a sparare.

La reazione di Neri e Bellenghi fu immediata e risposero al fuoco. Ma ormai erano stati raggiunti mortalmente dai colpi. La loro morte interruppe il progetto di costituire una formazione partigiana nel faentino denominata Battaglione “Ravenna”. Questa, nelle intenzioni del CNL provinciale, doveva incorporare anche il gruppo GAP di Brisighella e prendere posizione nell’area appenninica del Lamone e del Sintria. Qui agivano rispettivamente il gruppo di Silvio Corbari (Tredozio, Modigliana, San Valentino) e la 36° Brigata Garibaldi “Bianconcini”, oltre che stabilire un maggiore collegamento tra le diverse formazioni partigiane.

Dopo quel tragico epilogo il Battaglione “Ravenna” confluì nella 36a. Ivo Mazzanti di Riolo assunse il comando della compagnia. Vittorio Bellenghi e Bruno Neri avevano aderito alla Resistenza sin dalla fine del 1943, partecipando alla nascita dell’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana), sotto la guida del notaio faentino Virgilio Neri insieme a Vincenzo Lega, Arturo e Tonino Spazzoli.

L’Organizzazione Resistenza Italiana e Radio Zella

L’ORI si caratterizzò in particolare con l’attivazione di una radio trasmittente, chiamata “Radio Zella” e diretta da Antonio Farneti, che stabilì dei collegamenti tra le forze alleate e le formazioni partigiane. Per molti mesi la radio fu installata nell’abitazione di Virgilio Neri a Rivalta di Faenza.

Nel maggio 1944 il gruppo concordò con le formazioni partigiani della zona un aviolancio sulla Faggiola. Questo fu poi sospeso a causa di improvvisi rastrellamenti tedeschi e spostato nel monte Castellaccio della Pietra Mora, che avvenne il 10 giugno. Probabilmente, fu il primo aviolancio in Italia pienamente riuscito. Il 23 giugno ne fu attuato un’altro, finalmente sulla Faggiola, in accordo con la 36a Brigata Garibaldi.

L’aviolancio sul monte Lavane

Un altro aviolancio, quello sul monte Lavane, fu molto importante per i gruppi operanti nella zona. Nel corso della notte del 17 luglio del 1944 un grosso aereo da trasporto scaricò trentasei contenitori metallici contenenti armi, munizioni bombe a mano, divise e generi alimentari.

Ad attendere i rifornimenti sul monte Lavane vi erano il gruppo Corbari, i partigiani del GAP di Brisighella, guidati da Sesto Liverani “Palì” e un gruppo di partigiani della Toscana.

Il giorno successivo al lancio, che ebbe un esito positivo, i partigiani lo dedicarono interamente al recupero e al montaggio delle armi, nonché al loro trasporto. Operazioni ancora in corso il 19 luglio, quando quattro colonne di tedeschi cominciarono a risalire le pendici del monte, provenendo da San Benedetto.

La capanna dei Partigiani

I partigiani erano in numero inferiore, ma in una posizione più favorevole rispetto agli attaccanti. Così riuscirono a fermare per molte ore l’avanzata dei tedeschi. In tal modo recuperarono e portarono via gran parte del materiale bellico. La fase finale dello scontro fu guidata da Adriano Casadei.

Capanna del Partigiano
Capanna del Partigiano

Una parte del materiale bellico e le vecchie armi dei partigiani erano state stipate nel capanno di Pian di Porcello (che dopo la guerra fu ricostruita e denominata la Capanna dei Partigiani). Casadei e altri due partigiani fecero saltare il piccolo edificio mentre si stavano avvicinando numerosi soldati tedeschi. Incerto rimase il loro numero di morti e di feriti, mentre i partigiani ebbero due morti e un ferito.

Con questo rifornimento le formazioni partigiane rafforzarono la loro capacità operativa disponendo di nuovi e più moderni armamenti. L’aviolancio fu una operazione ben riuscita e soprattutto si dimostrò decisivo il ruolo di “Radio Zella” e del gruppo ORI.