Ivo Mazzanti

Ivo Mazzanti, nato il 22 gennaio 1920 a Riolo Terme (RA). I suoi genitori, Angelino e Rosa Tacconi gestivano il forno del paese. Tutta la famiglia era antifascista e pertanto la prima educazione antifascista fu quella della famiglia. Il suo antifascismo, oltre che renderlo inviso ai compagni di scuola che lo esclusero dai loro giochi, gli procurò, già dalle elementari, non poche ingiurie e minacce da parte dell’insegnante. Una volta invece di disegnare lo stemma fascista, disegnò la falce e martello. Accompagnato alla segreteria del fascio, fu minacciato di ritorsioni sui familiari.
Prestò servizio militare in Jugoslavia. Qui prese i contatti con i resistenti e incominciò a svolgere propaganda antifascista fra i commilitoni.
Dopo l’8 settembre 1943 sottrasse dalla caserma, insieme con i compagni, armi per il movimento partigiano. Scoperto, fu processato e condannato a 9 anni di detenzione. Rinchiuso nelle carceri delle Murate (Firenze), pur di ottenere la libertà aderì alla RSI. Liberato, chiese un permesso per visitare i familiari e si diede alla latitanza.
Ritornato a Riolo Terme, entrò a far parte dell’8ª brigata Garibaldi dove rimase fino al marzo 1944. Sfuggito a un rastrellamento tedesco, ritornò nella valle del Senio e organizzò i GAP.
Nel luglio del 1944 divenne comandante del battaglione Ravenna in sostituzione di Vittorio Bellenghi e Bruno Neri, uccisi dai tedeschi a Gamogna. Entrato nella 36ª brigata Garibaldi Bianconcini assunse il comando del 2° battaglione. Sfuggito ai fascisti, questi ritorsero sui suoi familiari la loro rabbia. Nel luglio 1944 la sorella Marisa fu arrestata dai fascisti per indurre il fratello Ivo a presentarsi e fu deportata in Germania. Morì poco dopo il rientro in Italia al termine della guerra. Nello stesso mese di luglio, dopo l’arresto della sorella, i fascisti guidarono di nuovo i tedeschi a casa dei Mazzanti, sospettati di nascondere armi della Resistenza. Mentre il padre e il fratello Medardo evitarono la cattura con la latitanza, furono arrestati la madre Rosa Tacconi con la figlia Giuseppina di 14 anni che poi venne liberata, la nuora Natalina Zanotti, il padre e i fratelli della nuora, Pietro, Giuseppe e Romeo Zanotti e un bolognese ospite dei Mazzanti di nome Guidi. Furono tutti portati a Forlì. La madre, dopo essere stata incarcerata e maltrattata, venne fucilata nell’aeroporto di Forlì durante la strage del 5-6 settembre 1944 nella quale furono uccise venti persone. Giuseppe e Romeo Zanotti furono deportati in Germania.
L’11 ottobre 1944 durante la battaglia di Santa Maria di Purocielo (Brisighella – RA) Ivo si trovava a Ca’ di Gostino con la sede del comando della Brigata. Nella casa, sfiniti dalle fatiche dei combattimenti del giorno prima partiti a Ca’ di Malanca con Bob, comandante del battaglione, erano presenti una trentina di partigiani comprendenti anche alcune ragazze, gli addetti ai servizi non iniziati ai combattimenti e le staffette, oltre alle persone della famiglia che li ospitava, quando all’alba furono attaccati da più di cento soldati tedeschi. Organizzata una veloce difesa della casa alcuni partigiani riuscirono a fuggire da una finestra mentre gli altri si disposero alla difesa. Ivo, insieme a Bill, si appostò ad una finestra da cui, con brevi raffiche, tenne battuta la strada carrettabile da cui erano arrivati i soldati tedeschi. Dopo una ventina di minuti di combattimento, che erano sembrate ore in quella difesa disperata, il comandante Bob con alte grida diede l’ordine di ritirata verso il Piano di Sopra. Il ripiegamento però, con i tedeschi che sparavano, era difficile. Gino Monti, commissario politico della Compagnia comandata da Ivo, vi riuscì a balzi assieme a Silvio, Giovanni Laharnar, brigadiere dei carabinieri di Casola Valsenio, e a Uragano. Anche Topi risalì il monte dietro il fienile, ma passando nei pressi del pagliaio, vide l’uno accanto all’altro i corpi degli imolesi Roberto Gherardi e Livio Poletti. Poco più avanti, all’inizio del campo, caddero il Romano; Adolfo Bonfanti, e il brigadiere Giovanni Laharnar.
Nerio, uscito per ultimo dalla casa deserta, piegò verso il cascinale e lo girò nell’istante in cu i tedeschi apparivano. Gli spararono, ma egli si era già appiattito. Con un balzo fu dietro al fienile e raggiunse Ivo. Questi era uscito dalla casa con Bob, Bill e Gina. Protetti ancora dalle raffiche di Bob, avrebbero dovuto fare lo stesso percorso di Bruno e Corrado, ma ora i Tedeschi circondavano tutta la casa. A metà del prato Ivo, colpito alle gambe, si trascinò in un piccolo avvallamento, accompagnato da Nerio, mentre Gina, sconvolta, rimase distesa a terra accanto a Bill ferito. Poi entrambi deviarono a sinistra proprio dove stavano salendo i tedeschi, che li catturarono. Il corpo di Bill fu trovato tra i fucilati del 18 ottobre al Poligono di tiro di Bologna. Gina, invece, riuscì a cavarsela, facendosi passare per una contadina del luogo. Ivo era restato appiattito con Nerio. Si svolse un dialogo fra i due sotto i proiettili. Partì Nerio, fece una ventina di metri e si acquattò, mentre Ivo, nell’attimo in cui si alzava, si accasciò colpito. Urlò al compagno di porsi in salvo, vide i tedeschi avanzare, sparò un intero caricatore dello Sten, ed un altro mentre arretravano; sparò ancora con la pistola, ma l’ultimo colpo lo tenne per sé. Quando sentì che le forze gli venivano meno se lo sparò in testa.

Gli è stata conferita la medaglia d’argento alla memoria.
Gli è stata intitolata la piazza principale di Riolo Terme.
E’ ricordato nel Sacrario di Piazza Nettuno a Bologna.
Il padre Angelino Mazzanti fu membro del Cln locale e morì a Bologna il 27/02/1945 di leucemia.

Riferimenti:
Mazzanti Ivo, in “Storia e memoria di Bologna”, https://www.storiaememoriadibologna.it/mazzanti-ivo-479364-persona
Centro Imolese di Documentazione sulla Resistenza Antifascista e di Storia Contemporanea, in https://www.cidra.it/museo-cidra/resistenza/guerra-partigiana-la-36a-brigata-garibaldi-bianconcini/
Nazario Galassi, Partigiani nella linea Gotica, University Press Bologna, 1998, pp. 192, 260, 261, 321, 323, 327, 337, 343, 345
Ferruccio Montevecchi, La Battaglia di Purocielo, Centro Residenziale Ca’ di Malanca, 1993 (terza ristampa), pp. 53-54