William Balboni

Ferrarese.
L’11 ottobre 1944 era a Ca’ di Marcone. Dopo i primi scontri della giornata, iniziati a Ca’ di Gostino alle sei del mattino, erano ormai passate varie ore di combattimento quando a Piano di Sopra e a Ca’ di Marcone venne dato l’ordine di sganciarsi.
Fra il grandinare delle pallottole, quelli della compagnia di Ettore dietro Ca’ di Marcone si attardarono e quando si decisero fu tardi. Nel risalire il pendio allo scoperto caddero mortalmente William, Saetta e Dino.

Angelo Giorgi, il Toscano

Nato a Firenzuola.
L’11 ottobre 1944, secondo giorno della battaglia, era tra i partigiani che si trovavano a Ca’ di Marcone.
Fu tra quelli che erano nelle stanze al primo piano e non avevano udito il segnale di ritirata. Continuarono «a sparare contro i tedeschi accucciati sotto l’aia. Se ne accorsero dal ripiegamento dei loro compagni, mentre i tedeschi, temendo di passare sull’aia, avevano girato il fienile incuneandosi fra questo e la casa. Tanto erano vicini da gettare attraverso la finestra una bomba a mano che, scoppiando sul letto, inondò la camera di piume. Allora i tre scesero la scala e Giorgi aprì la porta con una pedata, abbattendo a raffica due tedeschi impalati. Poi, seguito dai due compagni attraversò l’aia di corsa. Non tanto però da porsi al sicuro. Soltanto Raf riuscì, stremato, a raggiungere il crinale. Per Giorgi e per Lolli, fu finita».

Francesco Montevecchi, Chiccone

Francesco Montevecchi, «Chiccone», da Vincenzo e Caterina Fossi; nato il 21 maggio 1906 a Riolo Terme (RA); ivi residente nel 1943. Bracciante.
Al termine dei tre giorni di battaglia a Ca’ di Malanca e Purocielo il 13 ottobre 1944 venne convocata per le cinque della sera l’adunata generale sopra un poggio vicino a monte Giornetto, nei pressi di Cavina.
Erano presenti oltre seicento partigiani e il comandante Bob, secondo la pubblicazione di Nazario Galassi, richiamò come «indispensabile la massima saldezza» perché «nei momenti critici lo sbandamento poteva essere fatale». Non fu comunicata l’intenzione di provare un secondo tentativo di passare le linee, come avvenne felicemente il giorno dopo con la guida di Sesto Liverani, (Palì), e «chi non si sentiva in grado di affrontare ulteriori disagi e pericoli, era libero di andarsene, previa consegna delle armi».
Ad andarsene furono una quindicina di partigiani e tra questi ci fu Francesco Montevecchi di Riolo «ucciso dai tedeschi quel 13 ottobre presso Casetto Vespignano vicino a Zattaglia».