Nazzaro Costa, Bastiano

Nazzaro Costa, da Luigi e Ida Errani; nato il 29 settembre 1914 a Imola; ivi residente nel 1943. 4a elementare. Facchino.
La mattina dell’11 ottobre era sentinella a Ca’ di Gostino insieme a Topi. Attila, svegliato da Topi, partì dalla casa con il suo cavallo ma fu colpito dai tedeschi dopo poche centinaia di metri. Subito dopo i tedeschi colpirono anche Bastiano che fu visto rotolare per la scarpata.

Guido Bergonzoni, Saetta

Guido Bergonzoni, Saetta

Bergonzoni Guido, «Saetta», da Umberto e Marianna Righetti, nato il 3 novembre 1924, residente ad Argelato (BO).
Prese parte ai combattimenti che si tennero tra il 9 e il 12 ottobre 1944 a Santa Maria di Purocielo, nei pressi di Brisighella (RA), nel tentativo di parte della brigata di raggiungere le linee alleate, rimanendo ferito. Era il giorno 11 ottobre e si trovava a Ca’ di Marcone, fra il grandinare delle pallottole, con la compagnia di Ettore. Nel risalire il pendio allo scoperto della casa per tentare la fuga, fu colpito insieme a Dino Andreoli e William Balboni.
Quando la gran parte dei partigiani, sotto la pressione tedesca, dovette sganciarsi, i partigiani feriti, ritenuti intrasportabili, furono lasciati nella canonica della chiesa di Cavina, in località Fognano di Brisighella. Con loro rimasero anche il medico Ferruccio Terzi, lo studente in Medicina Renato Moretti e gli infermieri partigiani Laura Guazzaloca e Sergio Giulio Minozzi. Due militari tedeschi, catturati dai partigiani e curati perché feriti, testimoniarono di essere stati «trattati bene». Per questo sia i feriti che i loro assistenti, quando vennero catturati dai tedeschi, furono trasferiti nell’ospedale di Brisighella.
Le brigate nere di Faenza (RA) però, quando furono informate della presenza dei partigiani feriti e dei sanitari che li curavano, fecero irruzione nell’ospedale e li catturarono, portandoli inizialmente a Villa San Prospero, loro caserma, dove furono torturati.
In seguito i feriti, il personale medico e alcuni altri partigiani prigionieri, furono trasferiti a Bologna, dove parte (una decina) fu incarcerata a San Giovanni in Monte, parte detenuta in una caserma fascista.
Sui registri-matricola Bergonzoni risulta incarcerato il 18 ottobre 1944, con matricola 12093, a disposizione del «comando tedesco SS», proveniente da «camera di sicurezza», a seguito di un arresto avvenuto a Sant’Eufemia (di Brisighella) il 14 ottobre.
È prelevato il 20 ottobre 1944, per ordine del comando SS, con i compagni provenienti da Purocielo e condotto, con essi ed altri detenuti altrove, al Poligono di tiro dove fu fucilato.

Osvaldo Bianchi, Rico

Nato a Verona il 5 maggio 1920. Residente a Rimini, studente all’Accademia di Belle Arti di Ravenna.
Entrato nella 36ª Brigata Garibaldi Bianconcini, la mattina dell’11 ottobre fu tra i primi cinque partigiani che, seguendo l’ordine di Bob, andarono ad occupare Ca’ di Marcone per impedire che i tedeschi potessero arrivare per tagliare la ritirata agli assediati di Ca’ di Gostino.
Mandato successivamente da Tito a comunicare l’ordine di ritiro anche alla retroguardia restata a Piano di Sopra, fu colpito al petto a metà strada. Soccorso da Giuseppe Campanelli, medico partigiano, che lo raggiunse e nelle sue memorie ricostruì così il momento: «mi trovo accanto Rico che arranca, pallido, col fucile in spalla. “Dottore, aiutami, sono ferito”. “Ma va!… Dove?” “Qui, nel petto…”. Si scosta la camicia, mi mostra un piccolo buco, a sinistra, quattro dita sopra il capezzolo».
Nella situazione di emergenza i due riuscirono a raggiungere un avvallamento di terra rossa sotto Ca’ di Monte Colombo dove erano altri partigiani. Rico, che respirava «affannosamente, pallidissimo, la faccia coperta di un brutto sudore» fu messo al riparo insieme a Sante Vignuzzi, Tonio, ferito con una gamba straziata che un altro partigiano cercava di immobilizzare con dei rami. I due partigiani non erano in condizioni di poter essere trasportati e chiesero ai loro compagni di sganciarsi, aggiungendo l’implorazione di essere uccisi per non cadere nelle mani dei tedeschi. I compagni si allontarono lasciandoli nascosti nella speranza che i tedeschi non li trovassero, ma il terreno fu invece battuto palmo a palmo dalle truppe tedesche. Trovarono il luogo dove i due partigiani avevano preso rifugio e li trucidarono immediatamente sul posto.