Centro di Documentazione dalla Resistenza – Ca' di Malanca
Categoria: Storia
A documentare la Guerra di Liberazione sono esposti numerosi documenti, fotografie, manifesti e pannelli esplicativi. Ca’ Malanca, oltre ad essere ristrutturata e mantenuta come ricordo della Resistenza, è dunque diventata anche un vero e proprio Museo che merita, anche solo per questo la visita. Si potrà così esaminare documentazione su un periodo storico particolarmente importante.
Amedeo Lolli, da Cesare e Adele Magnani nato il 30 marzo 1925 a Sasso Marconi. Nel 1943 residente a S. Lazzaro di Savena. Licenza elementare. Operaio. Era a Ca’ di Marcone l’11 ottobre 1944 quando venne dato il segnale della ritirata. Si trovava insieme a Raf e ad Angelo Giorgi nelle stanze di sopra della casa ma non sentirono il segnale e continuarono a sparare contro i tedeschi accucciati sotto l’aia. Se ne accorsero della ritirata dal ripiegamento dei loro compagni, mentre i tedeschi, temendo di passare sull’aia, avevano girato il fienile incuneandosi fra questo e la casa. Tanto erano vicini da gettare attraverso la finestra una bomba a mano che, scoppiando sul letto, inondò la camera di piume. Allora i tre scesero la scala e Giorgi aprì la porta con una pedata, abbattendo a raffica due tedeschi impalati. Poi, seguito dai due compagni attraversò l’aia di corsa. Non tanto però da porsi al sicuro. Soltanto Raf riuscì, stremato, a raggiungere il crinale. Giorgi e Lolli furono invece colpiti mortalmente.
Giovanni Lahamar era brigadiere dei carabinieri a Casola Valsenio. Nel libro “La Resistenza sui monti di Casola” (Mattioli-Sangiorgi, 1994) si spiega come “il 15 luglio [1944] anche i pochi carabinieri rimasti ancora in servizio a Casola abbandonano il paese; alcuni tentano di passare le linee tedesche per congiungersi ai reparti di carabinieri nelle zone già occupate dagli anglo-americani; altri si nascondono e qualcuno infine si aggrega alle formazioni partigiane”. Un altro episodio riportato nello stesso libro evidenzia come tra i partigiani della zona ci fossero anche giovani carabinieri: “il 15 agosto reparti nazisti – sulla base di una delazione – accerchiano la casa colonica Beneficio di Settefonti dove sono riuniti una decina di partigiani. Nello scontro che divampa resta ucciso il giovane contadino della casa – Domenico Barzagli di 22 anni – che dopo essersi arruolato nell’arma dei Carabinieri era passato nelle file partigiane”. Altro carabiniere divenuto partigiano nella 36ª è Silvio, maresciallo nominato nel libro Partigiani nella linea Gotica (Galassi, pag. 149) come capo dei servizi nel comando che nell’estate 1944 stazionò a Ca’ di Vestro. Di Giovanni Lahamar sappiamo che era brigadiere dei carabinieri di Casola Valsenio e che in ottobre era con il comando a Ca’ di Gostino. Durante il primo attacco dei tedeschi, nel primo mattino, quando il comandante Bob diede con alte grida l’ordine della ritirata verso il Piano di Sopra avvenne un ripiegamento molto difficile sotto lo sparo dei tedeschi. Gino Monti riuscì a mettersi in salvo insieme a Silvio, il maresciallo dei carabinieri e a Uragano. Anche Topi riuscì a risalire il monte dietro il fienile, ma passando nei pressi del pagliaio vide l’uno accanto all’altro i corpi di Roberto e di Livio. Poco più avanti, all’inizio del campo, caddero il Romano (Adolfo Bonfanti) e il brigadiere dei carabinieri di Casola Valsenio Giovanni Lahamar.
Muore l’11 ottobre nella ritirata da Piano di Sopra nella ritirata da Piano di Sopra così descritta nel libro Partigiani nella linea gotica di Nazario Galassi (pp. 349-350): “A proteggere la ritirata restarono, appostati tra gli alberi Mario, il Milanese, Galuppo, Dante Casadio, Dante Loreti, Cesare Zini (Cesare), Carlo Moretti (Agadir) e due della compagnia di Ettore. Tito, intanto, raggiunto da Bob e da Bruno a Ca’ di Marcone, mandò Rico ad avvertire la retroguardia restata al Pian di Sopra di ritirarsi, poi ripetè l’ordine a gran voce per quelli che erano con lui. Ma Rico, colpito al petto a mezza strada, non potè giungere al Piano, dove i suoi compagni tentarono il ripiegamento quando i nemici erano già troppo vicini. Intrappolati nella vigna sopra la casa, caddero Galuppo e il Milanese”.
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